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Il progetto di un circuito d’élite diventa sempre più concreto-

“Il tennis professionistico è a pezzi. Ecco come sistemarlo”. Con questo titolo è online sul sito “Theathletic.com” un articolo di Matthew Futterman, scrittore e giornalista sportivo per il New York Times e The Wall Street Journal. La sua voce autorevole interviene in merito a un argomento essenziale sull’organizzazione del tennis mondiale. Il malcontento dei giocatori di fronte a un calendario fitto come mai in passato cresce e le tentazioni provenienti dal mondo arabo sono tutt’altro che un… miraggio di razionalizzazione degli appuntamenti e di più soldi per i migliori. Soldi arabi e PTPA, due fattori nuovi Futterman ricorda come certi dibattiti nel mondo del tennis siano ciclici, così come alcuni commenti sul tour di alcuni personaggi di prestigio coinvolti (Pam Shriver: “che peccato, uno sport così bello e così incasinato”) ne sottolineino asprezze e contraddizioni. Quello che lascia pensare che la situazione odierna sia diversa è la quasi unanimità dei consensi riguardo alla soluzione più idonea, che potrebbe trovare la comprensione anche di chi dalla stessa finirebbe per lamentare qualche perdita dal punto di vista economico. Tutti i dirigenti riconoscono infatti che la gestione degli altri sport segue direzioni differenti e più funzionali. Certo non è chiaro ancora come sarebbero risolte controversie sui contratti in essere e come verrebbero divisi i diversi eventi senza che i tornei minori abbiano troppo a soffrire di perdite. In ogni caso, “serve un tour premium” – scrive Futtemberg – “ben definito, facile da seguire e basato sugli eventi più importanti della stagione. Se lo si chiede alle persone maggiormente implicate, questa sarà la risposta: un circuito sia maschile che femminile e tale da non sovraccaricare di impegni le star”. Precedenti tentativi in questa direzione sono già naufragati, vittime di lotte di territorio per il potere e il denaro. Oggi tutto sembra differente proprio per il melange di pressioni esterne e interne che procedono nella medesima direzione. Più di un dirigente del settore, che ha scelto l’anonimato non essendo autorizzato a rivelare i dettagli del progetto, ha indicato le sirene arabe e la PTPA fondata da Djokovic come due fattori nuovi che avvicinano le riforme più attese del sistema-tennis. L’evento epocale nel golf, con la creazione della LIV, la lega professionistica araba che ha ingaggiato (e coperto d’oro) i migliori atleti di livello internazionale, ha da subito lasciato intendere al governo del tennis che le proprie posizioni di potere sarebbero state sempre meno salde. Andrea Gaudenzi, presidente dell’ATP, ha lanciato l’idea di un evento 1000 in Arabia da disputarsi a inizio anno, mirando a calmare i bollori mediorientali e considerando il danno ai tornei australiani un “male minore”. Craig Tiley, CEO di Tennis Australia e direttore dell’Australian Open non ha trovato la cosa divertente e durante l’ultimo Wimbledon ha iniziato a muoversi per promuovere l’idea di un circuito elitario. In merito a questo una proposta formale è attesa nelle prossime settimane. Per quanto riguarda l’organismo creato dall’asso serbo, sia L’ATP che la WTA hanno guardato in passato alla PTPA come a un gruppo di agitatori esterni, in un caso boicottando (Steve Simon del Women Tennis Association) la partecipazione di un suo incaricato a un vertice tra il CEO e le top 20. In questo senso l’atteggiamento dei Major si è sempre rilevato più collaborativo e rispettoso. Un possibile scenario Inoltre, l’episodio di Wimbledon 2022, quando al torneo vennero tolti i punti ATP per la scelta degli organizzatori britannici di escludere atleti russi e bielorussi ma non si registrarono cali di popolarità dell’evento, ha chiaramente detto che gli Slam non hanno bisogno del Tour. Il circuito potrebbe così attirare indicativamente i top cento nei quattro Slam e negli eventi combined come Indian Wells, Miami, Roma, Madrid, Toronto-Montreal e Cincinnati; poi Montecarlo, Bercy e Shanghai per i maschi e Dubai, Doha e Pechino per le femmine. E qualche altro, come Tokyo e Pechino uomini. Eventuali “discese” dei tennisti di prima fascia nei tornei più piccoli sarebbero possibili ma i punti eventualmente guadagnati non potrebbero figurare nella classifica. Il tutto sarebbe gestito da un Board formato da rappresentanti di Slam, Master 1000, ATP e WTA e ovviamente dai giocatori, che potrebbero contrattare in merito alla percentuale dei compensi che, ricorda Futterman, oggi sono per loro del 25% circa, contro il 50% in alcune discipline di squadra. “Avere meno contrasti tra gi organismi di vertice porterebbe a una azione più coordinata e a una vendita del prodotto più remunerativa per tutti” ha dichiarato Andrea Gaudenzi. E’ un dato però che il sistema attuale spinge gli atleti a giocare continuamente per non perdere posizioni nel ranking, e quello che i giocatori vogliono è proprio eliminare tutti gli incentivi volti a premiare chi gioca senza sosta. E chi perderebbe terreno sono gli eventi minori come Basilea o Dallas, che dovrebbero accettare la relegazione ad evento subalterno e a non godere magari degli stessi canali di trasmissione dei tornei di livello superiore. Non è però triste l’orizzonte per chi ricopre posizioni di retrovia nel ranking: “Non sarebbe però così grave per loro” – dice John Morris, manager che rappresenta numerosi tennisti per l’agenzia 72 Sports Group. “Un circuito organizzato su base geografica permetterebbe loro di giocare potendo viaggiare meno e quindi spendere meno, problema che blocca il movimento di tanti tennisti. Inoltre, giocare bene e vincere potrebbe tradursi in una wild card per uno Slam”. Le soluzioni sembrano premiare tutti, compresi i tennisti oltre la duecentesima posizione, riguardo alle difficoltà di gestione delle spese dei quali la PTPA ha spesso espresso preoccupazione. Inoltre, le pressioni dal Vicino Oriente, sempre più insistenti, lasciano pensare come oggi lo scenario sia davvero nuovo. ...

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